lunedì 28 novembre 2011

Antologia epistolare da un aldilà. Capitolo II.

Al mio Davide.

Chissà quanti anni avrai quando leggerai questa lettera. Chissà che persona sarai, quali saranno i tuoi desideri, le tue impressioni riguardo al mondo e le tue intime riflessioni. Chissà se sarai uno che preferisce dormire fino a tardi come me, o se non riuscirai a fare a meno di rendere ogni giornata dinamica, come tuo papà che ogni domenica, quando ancora stavo bene, riusciva sempre a farmi mettere il naso fuori di casa. Mi convinceva, ogni volta, a fare un salto in quel mondo da cui io, invece, tendevo ad allontanarmi, infagottata tra le lenzuola del letto.
Chissà se preferirai il caffè amaro o zuccherato; chissà se berrai il caffè.

Oggi tu compi un anno, mentre io ne ho trentasei, ma sia io sia i miei medici siamo ormai certi che non riuscirò a festeggiare il mio trentasettesimo compleanno, anche se sarà tra meno di una ventina di giorni.

Da un lato sono contenta che tu sia ancora così piccolo adesso che sono malata: il mio aspetto è stato trasfigurato da un problema attualmente poco curabile, perciò mi rasserena pensare che avrai di me l’immagine di quella donna sana con le guance rosee e i lunghi capelli folti, fotografata in tempi decisamente diversi dai più recenti.
Dall’altro, al di là di questa vana consolazione, desidererei più di ogni altra cosa avere la possibilità di stringerti a me senza il costante cocente indescrivibilmente infelice pensiero, che quello potrebbe essere l’ultimo abbraccio del mio bambino. L’ultimo abbraccio della tua mamma.

Non sai quanto vorrei poterti fare addormentare ogni sera, cullandoti senza sentire il tempo che passa; farti il bagnetto miscelando acqua calda e fredda fino a raggiungere la temperatura più piacevole possibile; darti da mangiare e sorridere alle espressioni incontrollate del tuo faccino, ogni volta che assaggi qualcosa di nuovo.
Darei qualunque cosa per poter assistere ai tuoi primi passi, alla tua prima sbucciatura, al tuo primo giorno di scuola, ma non mi resta più nulla da barattare.

Proprio perché non potrò vederti crescere e contribuire alla formazione della tua persona, ho deciso di scriverti queste righe, per lasciarti almeno un mio primo e ultimo biglietto di buon compleanno e affidarti l’insegnamento che più mi preme confidare a mio figlio, e che ben pochi possono aver imparato meglio di un malato di cancro: hai una sola esistenza a disposizione, non sprecarla.

Questa frase ti apparirà poco importante quando trascorrerai le giornate giocando coi tuoi amici, correndo a perdi fiato, succhiando freneticamente ogni afflato di vita che i giorni ti offriranno finché, calato il buio, nemico di ogni bimbo, ti fermerai, cullato dai sogni, a recuperare le energie, che il giorno dopo sfogherai senza farti scappare nessun morso di vita.
Però, quando gli anni passeranno e insieme a loro l’energia incomincerà a dover essere impiegata in più ambiti oltre a quello del gioco, finirai di vivere per il semplice vivere, smettendo così anche di divorare l’esistenza a grossi bocconi: allora inizierai a vivere per qualcosa che è altro dal vivere e basta, sia esso un obiettivo da raggiungere, una passione da perseguire o qualcuno da amare. Dunque il monito di non sprecare la tua esistenza potrà divenire più chiaro ai tuoi occhi, poiché comprenderai che non è affatto semplice tenere in pugno la nostra vita ed evitare che ci scivoli addosso, lasciandoci attoniti, inermi e incoscienti fino a un giorno in cui, rianimandoci dal torpore, potrebbe essere troppo tardivo reagire.

Non dobbiamo permetterci di confondere il vivere col tirare avanti, altrimenti, svegliatici una mattina senza motivi per alzarci, potremmo non riuscire più a scovare l’energia necessaria per rispondere al sentimento di infelice insofferenza, causato niente meno che da noi stessi, diventati ingrati e ciechi davanti alla bellezza universalmente disponibile. Oppure, scossi di soprassalto da una malattia che non concede guarigione, diverremmo bruscamente coscienti dell’insolubile sbaglio commesso: aver deciso di non interagire col mondo circostante, non essersi sentiti partecipi della meraviglia in cui ci troviamo a esistere.
Caro Davide, mia unica fonte di lacrime felici, non scordare mai l’amore che provo per te e ricorda, soprattutto, di volerti sommamente bene, per non sentirti mai escluso da questa corsa che è la vita. La tua vita.
Ti auguro un compleanno meraviglioso, ma soltanto mediocre se paragonato a quelli che dovrai ancora festeggiare.

Chissà quanti anni avrai quando leggerai questa lettera. Chissà se avrai fatto scelte coscienziose, se la mattina ti sveglierai felice, se vorrai avere un figlio, se sarai soddisfatto di te stesso. Chissà che scuole frequenterai, che lavoro vorrai fare, che genere di libri, film o musica ti appassionerà di più.
Chissà se nel fine settimana preferirai stare a casa o uscire, se andrai d’accordo con tuo papà, se come lui sarai espansivo, generoso, socievole e pure testardo. Chissà se sarà stata trovata una cura al cancro.
Chissà se ti mancherò.

La tua mamma.