giovedì 7 marzo 2013

Cantilena dell'amico immaginario

Madame e messeri, eccomi; sono il vostro joglar.

Mi acclamerete in svariate maniere, giocoliere o giullare giacché gioco a scherzare, o istrione e buffone, oppure cialtrone. M’appello menestrello se servo in un castello, o pagliaccio quando dormo su un pagliericcio e me ne compiaccio.

Tamen, badate che io non son un giullare regale, bensì reale. Io m’adopro per il piacere et il dispiacere. Bramo sollazzo e ozio, altresì voglio travaglio e cordoglio. Inter-esso e di-verto, di-verto e inter-esso.

Le vostre laringi arrossiranno di gioie e lamenti.

Le vostre ugole vibreranno per risa e singhiozzi.

Le vostre labbra suggeranno lacrime benigne e maligne.

Sulle guance di vossignoria, solleticate da sorrisi leggeri e da pesanti smorfie percosse, il pianto salace si mescerà all’insipido, perché così ha deciso Realtà; così ha stabilito la sorella grezza di Verità. E se avete inteso il costume di codesti tempi contemporanei, comprenderete che oggi un giullare – un autentico giullare – non può che essere reale.

Sino a che non conquisteremo il diritto di piangere o non piangere, dovrete piangere e non piangere. Godere e non godere, soffrire e non soffrire.

Plazer et enueg.

Madame e messeri, eccomi; sono il vostro giullare.

Ossimoro vivente e morente, narrante.

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